Fatica e sudore.
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La manna è molto fragile, teme l'umidità e viene sciolta e dispersa nell'acqua, perciò capita frequentemente che bisogna raccogliere prima del previsto, cercando di prevedere e prevenire gli effetti negativi dei temporali estivi sulla produzione della manna. Il frassinicoltore ed i familiari, soprattutto anziani, scrutano con sapienza e attenzione il cielo, cercando di cogliere eventuali segni di perturbazioni atmosferiche nel colore, nella forma e nelle dimensione delle nubi, nel colore che assume il sole al tramonto e nello spirare dei venti. L'esperto mannaluòru esegue la raccolta nelle ore più calde della giornata. Il calore siciliano favorisce il distacco della manna e impedisce la perdita di succo in via di condensazione. Generalmente viene effettuata al termine delle operazioni di incisione dei fusti. Si raccolgono prima i "cannoli" che vengono staccati tramite un archetto di legno flessibile, che tende un sottile filo metallico o, negli ultimi anni, di nylon e riposti con cura in apposite ceste o in altri recipienti idonei. Subito dopo, i residui rimasti attaccati al tronco che costituiscono la cosiddetta "manna in rottame" vengono raschiati con una paletta metallica, con manico di legno (in dialetto detta rrasùla), facendoli cadere in una scatola di latta, opportunamente concava nella parte da appoggiare al tronco (detta scàtula). 
Quindi, si passa alla raccolta della manna in sorte dal concavo delle pale di ficod'india, foglie di agave o dai cocci di terracotta. Il rapporto tra il frassino e il frassinicoltore (mannaluòru) si materializza con l'immagine dell'albero ferito, cioè nel carattere antropomorfo che contrassegna la coltura della manna. Si tratta di un rapporto del tutto speciale che si traduce in un linguaggio carico di connotazioni affettive. Nella tradizione è l'intera famiglia del mannaloro che, nel corso dei tre mesi estivi e sin sulle soglie dell'autunno, è coinvolta nelle operazioni di raccolta. I compiti di ciascuno risultano chiaramente codificati: è al capo famiglia che è sempre riservato il compito di intaccare, mentre le donne e i giovinetti subentrano quando è il momento di raccogliere e di porre ad asciugare il prodotto, e ai ragazzini più piccoli è consentito di raccogliere per proprio conto i frammenti caduti per terra (muddicagghi). Tutta quanta la famiglia sorveglia lo stato del tempo: ciascuno sa bene che l'umidità troppo elevata, la nebbia, un'improvvisa burrasca possono portar via in pochi minuti tutto il prodotto. Tutti quanti diventano, così, attenti osservatori del cielo, e se giudicano esser prossima la pioggia si precipitano a raccogliere la preziosa manna a qualsiasi ora del giorno o della notte.

 

Ma è proprio quella della Bibbia? Sicuramente no, ma anche questa si credeva, fino al XVI secolo, che « piovesse » dal Cielo!

La nostra MANNA è la linfa elaborata del frassino (Fraxinus ornus e Fraxinus angustifolia) ricca di zuccheri particolari, che, insieme con altri elementi, la rendono unica: « dolce dono della natura » che noi raccogliamo e confezioniamo in modo naturale, senza trattamenti, né conservanti.
È stata utilizzata fin dall´ antichità dai grandi terapeuti greci e romani che la chiamavano: « secrezione delle stelle », « miele di rugiada ». Furono probabilmente i medici arabi a chiamarla manna, considerate le sue virtù curative, « miracolose », e soprattutto, per alcune somiglianze con la descrizione dell ’episodio biblico.

Nel mondo moderno le sue molteplici proprietà curative sono state diffuse per opera dei maestri della Scuola Salernitana fin dal X secolo, ma va ricordato che era molto usata tra gli Arabi anche per le sue qualità spirituali, in quanto considerata « Benedetta », essendo menzionata nelle Sacre Scritture.
Nel passato si conoscevano, ed erano commercializzate, diverse secrezioni vegetali zuccherine, dette « miele », che si trovano depositate sulle fronde di diverse piante e sul suolo sottostante, come gocce « di rugiada », ma, nella maggior parte dei casi ne sono rimaste solamente notizie letterarie, essendosi perse le memorie anche tra i popoli che la raccoglievano.

Anche per la manna di frassino la storia non è diversa: sappiamo che, oltre che in Sicilia, era estratta in Toscana, Lazio, Campania, Gargano (Puglia) e dal 1500, per distinguerla da altri tipi di manna, era commercializzata col nome di Manna di Calabria, che all’ epoca era il luogo di maggiore produzione.

Fin dall ’inizio del ´900, a causa della produzione industriale di mannitolo di sintesi, estratto dal melasso di barbabietola, la richiesta del mercato è man mano diminuita, fino quasi ad azzerarsi, portando al rischio d ´ estinzione anche quest ’antica Cultura. Già nel 1957, anno d ´ istituzione del Consorzio regionale, già dichiarato nel 2003 Ente inutile ed in via di chiusura, era raccolta in tutto il mondo soltanto in una ventina di paesi della costa settentrionale della Sicilia. Oggi Custodi di tale conoscenza siamo rimasti meno di cento produttori, la maggior parte ultra settantenni, tutti operanti esclusivamente nelle campagne di Pollina e Castelbuono, comuni del Parco delle Madonie, a pochi chilometri da Cefalù in provincia di Palermo.

Per questo motivo nel 2002 Slow Food ha inserito la manna tra i prodotti da salvare nell’Arca del Gusto, e noi fin dall ’inizio abbiamo aderito al progetto del Presidio « Manna Eletta delle Madonie ».

La manna pura 
La Manna Pura (Eletta) è un prodotto unico e raro prodotta in Sicilia solamente in due paesi delle Madonie: Castelbuono e Pollina. Molteplici sono le sue proprietà ed i suoi princìpi: Digestivo, blando lassativo, rinfrescante e regolatore intestinale. Può essere assunta anche dai diabetici perché pur essendo dolcissima non altera il livello glicemico del sangue. Può essere usata come dolcificante nelle cure dimagranti. Ottimo come integratore alimentare per la ricchezza di sali minerali. Antitossica nei casi di avvelenamento. Decongestiona il fegato e svuota la cistifellea dalla bile. Favorisce la stimolazione epatica. Espettorante, fluidificante emolliente e sedativa della tosse. Decongestionante e calmante nelle bronchiti croniche, nelle faringiti, laringiti e tonsilliti. Rende liscia e morbida la pelle, spiana le rughe. Lassativo naturale con infinite proprietà. In soluzioni ipertoniche per l'azione disidratante nella cura delle piaghe e delle ulcere. Favorisce la cicatrizzazione delle ferite ed una riduzione del gonfiore. Inoltre, molto più importante, può essere assunta da tutti perché non ha controindicazioni.

 La manna è in primo luogo un lassativo leggero esente da controindicazioni, particolarmente adatto alla primissima infanzia, alle persone molto anziane debilitate e convalescenti; viene somministrata generalmente nel latte. E' un regolatore e rinfrescante intestinale nonché un cosmetico naturale. Lassativo naturale con infinite proprietà. La manna di Sicilia ha una benefica azione sull'apparato respiratorio: infatti si comporta da fluidificante, emolliente e sedativo della tosse. E' un dolcificante naturale a basso contenuto di glucosio e fruttosio, utilizzabile come dolcificante per diabetici. E' uno dei pochi lassativi benefici in natura al contrario della senna onnipresente in quasi tutti i lassativi vegetali in circolazione; la differenza fra i due lassativi è che la Manna agisce contro la stipsi perché attira acqua nell'intestino e quindi facilita lo svuotamento del colon; la senna o cassia agisce per irritazione. E qui c'è da dire che quasi tutti i lassativi vegetali in commercio contengono la senna o cassia; le persone affette da stipsi li comprano con fiducia ritenendo valido l'assioma "vegetale uguale naturale". Ma così non è: la cassia se usata per lunghi periodi può dare una melanosi del colon che è uno stato di precancerosi...

La manna di Castelbuono è storia, tradizione, cultura di un paese e della sua gente, che soprattutto nel frassino e nel suo frutto ritrova le sue radici contadine fatte di fatica e sudore. Infatti, la manna è molto fragile, teme l'umidità e viene sciolta e dispersa nell'acqua, perciò capita frequentemente che bisogna raccogliere prima del previsto, cercando di prevedere e prevenire gli effetti negativi dei temporali estivi sulla produzione della manna. Il frassinicoltore castelbuonese ed i familiari, soprattutto anziani, scrutano con sapienza e attenzione il cielo, cercando di cogliere eventuali segni di perturbazioni atmosferiche nel colore, nella forma e nelle dimensione delle nubi, nel colore che assume il sole al tramonto e nello spirare dei venti.

La manna pura ci identifica con la nostra cultura, è radicata in noi e fa parte della nostra tipicità, del nostro passato e che farà parte del nostro futuro. La parola manna rievoca un sentimento di appartenenza, una identificazione sociale che è tradizione e cultura di un piccolo paese e della sua gente. Volendo utilizzare una metafora.. in un mondo moderno e digitale che ci spinge verso culture sempre più globalizzate la manna è come un elastico che ci permette di non spezzare i legami che abbiamo con noi stessi, con le nostre radici, con la nostra storia. 

Per i viaggiatori dei secoli passati la manna rappresentava un miracolo di esotismo degno di essere riportato tra le curiosità di una ricca terra qual è la nostra Sicilia. Allora la manna era parte rilevante del paesaggio agrario della costa tirrenica della Sicilia: si produceva ad ovest di Palermo in tutti i paesi costieri fino a Trapani, nelle Madonie e nello stesso territorio comunale di Palermo. L’area di produzione ora si è ristretta alle sole terre di Pollina e Castelbuono, in provincia di Palermo, sicché questi territori rappresentano l’ultima oasi in tutto il Mediterraneo dove ancora si conservano tecniche e tradizioni legate a tale coltura.

 

Queste piccole realtà territoriali, incluse nel parco Regionale delle Madonie, dispongono oggi di un prodotto unico nel suo genere, tanto che a ragione si possono considerare come un gigantesco museo all’aria aperta.

Di questo ridotto patrimonio forestale, collocato prevalentemente su terreni marginali e scoscesi che non si sono mai prestati a colture meccanizzate e redditizie, solamente il 20-30% è ancora oggi produttivo.

I manneti sono cedui di diverse specie – appartenenti al genere Fraxinus – specializzati per la produzione di manna. Vengono indicati come «frassini da manna» numerose varietà selezionate, appartenenti alle specie: Fraxinus ornus L., Fraxinus oxyphylla Bieb. e Fraxinus excelsior L. (OIENI, 1953). Per quanto riguarda le varietà utilizzate, in letteratura si ritrova un importante «monografia sul frassino» di MINA' PALUMBO del 1860, nella quale ne cita oltre 40 utilizzate per l’estrazione della manna. Attualmente le due varietà di frassino maggiormente presenti sono il Fraxinus ornus (orniello o amolleo) e il Fraxinus oxicarpa, il primo rilascia una manna più dolce, mentre il secondo è caratterizzato da una maggiore produzione.

I manneti di solito vengono impiantati mettendo a dimora semenzali di 2-3 anni o trapianti 1S+2T o 2S+2T. Le distanze d’impianto variano fra 1,5-2 m e 3-4 m in relazione al terreno e alla varietà coltivata. Nei primi anni le cure colturali consistono in diserbi, sarchiature e in una leggera potatura. Quando le piantine raggiungono il diametro di due pollici vengono innestate.

Le piante sono curate in modo che il tronco venga su perfettamente liscio, successivamente viene leggermente inclinato in modo da facilitare la formazione dei «cannoli».. Questi possono essere coltivati a ceduo disetaneo o coetaneo. Secondo OIENI (1953) la forma più razionale è la prima, che consente di sostituire gradualmente, su ogni ceppaia, i polloni esauriti con altri polloni scelti. Con il taglio raso, invece, dopo 3-4 rotazioni bisogna procedere ad un nuovo impianto. L’albero risulta esser maturo e quindi pronto per la prima incisione gia dal 7°- 8° anno e, mantiene un ciclo di produzione per circa 20 anni. L’incisione viene effettuata in genere a partire dalla seconda settimana di luglio, ma le varietà più precoci entrano in produzione già a giugno, per protrarsi in base all’andamento stagionale anche fino a settembre. Queste operazioni vengono effettuate dagli «’ntaccaluori», i raccoglitori di manna , che ad oggi sono circa 150, quasi tutti anziani. È fondamentale, per una buona fuoriuscita, che l’incisione della corteccia del frassino avvenga nel momento di massima concentrazione di linfa e in presenza di un clima caldo secco, senza repentini sbalzi termici durante il periodo vegetativo, che deve risultare lungo e luminoso. È indispensabile, a detta dei produttori, che il livello di umidità atmosferica sia inferiore al 70%.

I migliori manneti si trovano su terreni fertili derivati da scisti argillosi, in esposizioni soleggiate e in località rientranti nella sottozona calda del Lauretum. Le piogge nel periodo maggio-settembre sono comprese fra 15 e 75 mm; secondo OIENI (1953) la quantità ottimale di pioggia per ottenere alte produzioni di manna è intorno a 24 mm. Queste condizioni favoriscono la produzione di linfa discendente ad elevata concentrazione e la sua rapida essiccazione (HUBER, 1954). E' sufficiente un forte temporale a metà estate per compromettere tutto il raccolto della stagione. Tutte queste valutazioni un tempo erano solo frutto dell’esperienza; dice un anziano produttore: il terreno deve crepare e le foglie diventare carta … Mentre oggi ci si avvale anche di piccoli strumenti quali un banalissimo Igrometro . Le incisioni vengono effettuate con l’utilizzo di un particolare coltello detto «mannaruolu»; si incide il tronco, nell’estrazione tradizionale a partire da 5 cm dal suolo, mentre per l’estrazione di manna da filo (nuova tecnica), l’incisioni hanno inizio da 1 m da terra. In entrambi i casi per circa trenta volte nell’arco della stagione produttiva. Le incisioni si susseguono a distanza di circa 2 cm l’una dall’altra. Nel primo anno si incide la parte più sporgente del fusto detta panza. Nel secondo anno si incide la parte opposta del fusto schina, nel terzo e quarto anno gli altri due lati scianchi. Il ciclo si ripete fino a quando c’è superficie disponibile da incidere. Il tronco viene tagliato dopo 8-12 anni di incisioni. Questo prodotto da sempre viene distinto in manna da cannolo (purissima) e manna raschiata dalla corteccia con grossi problemi di depurazione.

Con un estrazione tradizionale si hanno cannoli di circa 10 cm, che corrispondono più o meno al 5% della produzione totale; il restante 95% è manna raschiata che viene solitamente destinata all’industria di estrazione della mannite. Negli ultimi anni sono state però sperimentate e messe in atto alcune nuove tecniche di raccolta, basate sulla produzione naturale a cannolo, ma con la variante che la manna viene fatta colare lungo dei semplici fili di nylon. Questi fili vengono precedentemente predisposti sul margine di una piccola lamina in acciaio a grondaia, infissa nel tronco pochi centimetri al di sotto dell’incisione, la quale fa da raccoglitore indirizzando il fluido verso il filo. Quindi, una volta formatosi il cannolo è sufficiente staccarlo dal filo e porlo ad essiccare.

Questa nuova tecnica permette la formazione di cannoli di dimensioni superiori al metro, per una produzione di manna pura che corrisponde all’85% del totale. La tecnica d’'estrazione tradizionale prevede tre tipologie di prodotti: manna da cannolo, manna raschiata ( raccolta con una particolare spatola detta «rasula») e manna in sorte (raccolta in cladodi di fico d’india posti alla base del tronco). Mentre la nuova tecnica d'’estrazione mira esclusivamente a produrre il maggior quantitativo possibile di manna purissima da cannolo, incurante delle altre tipologie. Molti, soprattutto fra i giovani produttori, hanno iniziato ad estrarre manna da filo migliorando la qualità del prodotto. Per quanto riguarda la produzione, negli anni ’50 la raccolta pro-capite era di circa 300 kg annui contro i 90 kg attuali. In quegli anni anche il prezzo del prodotto risultava sostenibile, 1 kg di manna veniva a costare circa 1500 lire. Bisogna rammentare che si ha una produzione media annua di circa 1 kg di manna a pianta anche se non sono rari gli esemplari che ne rilasciano fino a 3-4 kg. Sotto il profilo organizzativo si avvertono alcune evoluzioni significative rispetto al passato. Già quattro produttori di manna delle Madonie fanno parte del presidio Slow Food sostenuto dalla Regione Sicilia e dal Parco delle Madonie.

la manna é storia, tradizione, cultura di un paese e della sua gente, che soprattutto nel frassino e nel suo frutto ritrova le sue radici contadine fatte di fatica e sudore.
"Il nome di manna é riservato al prodotto derivante da incisione nella corteccia dell'Orniello, od Amolleo (Fraxinus ornus), e del Frassino (Fraxinus excelsior). E' vietato preparare, vendere, porre in vendita o mettere comunque in commercio, manna contenente saccarosio, sostanze amidacee o sostanze estranee di qualsiasi natura, tranne le impurezze naturali nella proporzione normale per i diversi tipi di manna".

I greci e i romani la conoscevano col nome di Miele di rugiada o Secrezione delle stelle. La sua etimologia deriva dall’ebraico Mân Hu, “cos’è?”, essendo stata questa, come narra il XVI libro dell’Esodo, la domanda che gli ebrei affamati si rivolsero nel veder cadere un cibo sconosciuto, miracolosamente mandato loro da Dio nel deserto: la manna. Ma esiste una manna che non cade dal cielo, e non è un miracolo. Piuttosto, stilla dal frassino, che nella mitologia nordica è l’Yggdrasil, l’Albero della vita, che abbraccia l’universo: le sue radici arrivano al cuore della terra, i suoi rami riempiono il cielo, sulla sua chioma si radunano gli dei. Un tempo la manna si raccoglieva in diverse parti d’Italia: in Sicilia, in Calabria, nel Gargano, nel Beneventano, nel Molise, nel Lazio nei boschi della Tolfa, nella Maremma toscana. Era una pratica conosciuta dai contadini, tramandata in famiglia. Fu soprattutto la produzione di mannitolo di sintesi, fin dall’inizio dell’900, a far diminuire la richiesta del mercato, a portare verso l’estinzione quest’antica cultura.
Oggi la manna si raccoglie solo in Sicilia, nella terra selvaggia e splendente delle Madonie, precisamente nei comuni di Pollina e Castelbuono. Qui la tradizione ha resistito all’industria, rischiando sì la scomparsa, ma ha superato il periodo più difficile, rinnovando di stagione in stagione l’antica gestualità che caratterizza la produzione della manna. Così, dopo che per anni la tradizione è sopravvissuta solo grazie a un testardo manipolo di anziani, oggi anche qualche sparuto giovane si è riavvicinato a questa cultura. 
“Si dice che il frassino è maturo quando ha la giusta concentrazione di zuccheri per poter cristallizzare, e questo avviene solo quando entra nella dormienza estiva- spiega Giulio Gelardi- tipica dei climi mediterranei. La si riconosce da alcuni particolari: per esempio dalla foglia, che viene messa di taglio rispetto al sole, cosicchè le piante cominciano a fare pochissima ombra. A questo punto si può iniziare a fare le incisioni”. La grande novità apportata da Gelardi avviene nel 1986, ed è figlia dell’intuizione e di una piccola dose di fortuna. Fino allora, la manna che stillava dai tagli scivolava in buona parte sul tronco e sui rami, e la raccolta avveniva tramite raschiatura. Si otteneva così una manna poco pulita, contentente pezzi di tronco e altre impurità. “Una sera, prima di tornare in paese, salutai mia madre che stava rammendando dei pantaloni. Passando nel campo vidi un ramo che faceva un gomito, dove stava gocciolando della manna. Tornai di corsa indietro, presi la spagnoletta di filo, tornai dal frassino e feci in modo che il nodo corrispondesse alla goccia. Poiché il filo svolazzava, presi una pietra da terra e gliela legai sul fondo. Al mattino trovai un cannolo, poco più grosso di un fiammifero, rappreso attorno al filo. Capii che quella era la soluzione. Ritornai in paese, comprai dieci spagnolette e iniziai a legare il filo agli alberi”.
Oggi si usa il filo di nylon, liscio e più resistente. Il risultato è che la manna prodotta è molto più pulita, di qualità superiore. E poi c’è un’altra novità. “Le due varietà da sempre utilizzate per produrre la manna sono il frassino ornus, prevalente a Pollina, che produce una manna più cristallina, più buona, ma in quantità notevolmente più bassa, e il frassino angustifolia, prevalente a Castelbuono, che garantisce maggiore quantità ma minore qualità. Nel secondo dopoguerra è stata trovata una nuova varietà, il verdello, che produce una manna di qualità molto simile all’ornus ma con quantità da angustifolia. E oggi usiamo tutti questa varietà”. Insomma, una specie di uovo di Colombo. 
E in campo gastronomico? Che usi può avere la manna? “Mi ricordo che quando ero bambino mio nonno raccoglieva la manna e quella liquida, la manna ammulata, (ammielata) la metteva in bottiglie di vetro sigillate con la gretta. A volte qualche bottiglia scoppiava, per la fermentazione della manna. E allora mi sono detto: perché non utilizzare la manna nei processi di fermentazione? Perché non utilizzarla, ad esempio, per produrre del pane?” Già oggi, si realizzano delle brioches dove il lievito di birra è sostituito interamente dalla manna liquida. Il sogno, però, è quello di realizzare panettoni con la pasta madre di manna.
Ma la manna ha anche altri utilizzi, ad esempio,per preparare cioccolata fondente sfruttandone una caratteristica. “La manna non è solo uno zucchero, ma anche un sale. La pasta di cacao è acida, e addizionata con la manna perde parte di questa acidità. Si possono ottenere così dei fondenti ancora gradevoli: ad esempio, preparo un fondente al 90% aromatizzato all’anice”. 
La manna è il prodotto che si ottiene dalla solidificazione della linfa elaborata che fuoriesce, durante la stagione estiva, dalle incisioni praticate sul fusto e sulle branche principali di alcune specie del genere Fraxinus. Le più antiche notizie sulla produzione di manna in Sicilia risalgono alla seconda metà del 1500, ma la coltura nell’isola si sviluppò intensivamente soltanto nel XVIII secolo. Dall’ultimo dopoguerra in poi la coltura ha subito un rapido declino, rimanendo relegata in ristrette superfici del comprensorio Madonita e, in particolare, nei territori di Castelbuono e Pollina. La composizione chimica della manna è molto complessa e variabile, in funzione della specie e delle cultivar dalle quali si estrae. Il principio attivo più abbondante è costituito dalla mannite o D-mannitolo, un alcool esavalente incolore, inodore e di sapore zuccherino noto anche con il nome di “zucchero di manna”.
Sono presenti, inoltre, diverse altre sostanze come glucosio, fruttosio, mannotriosio, mannotetrosio, elementi minerali, acidi organici, acqua e altri componenti minori. La manna costituisce una sostanza farmacologicamente importante perché viene utilizzata contro diverse patologie. Principalmente è usata per combattere i problemi di stitichezza e come purgante privo di azioni secondarie, sia in età infantile che adulta. Nei casi di avvelenamento la mannite produce un aumento della diuresi e favorisce così l’allontanamento delle sostanze tossiche dell’organismo attraverso i reni. In soluzioni ipertoniche viene utilizzata per rimuovere edemi polmonari e cerebrali. La manna è consigliata anche per l’allontanamento dei parassiti intestinali. In dosi moderate stimola la secrezione delle vie biliari. Inoltre, essendo ben tollerata dai diabetici, può essere utilizzata anche come dolcificante alimentare.
La raccolta della manna
La raccolta della manna avviene da metà luglio ai primi temporali (normalmente la raccolta si blocca col secondo temporale). Le incisioni, le “ntacche”, vengono eseguite con grande perizia tramite un apposito attrezzo, il mannaluoru o cutièdduâ manna e interessano l’intero spessore della corteccia fino all’alburno, per una lunghezza variabile da 5 a 10 cm, a partire da 5 cm di altezza dal suolo. La pratica attuale prevede che, sotto la linea dell’incisione, venga inserita una canaletta metallica alla cui estremità si fissa un filo di nylon tenuto in tensione da un piccolo peso, per favorire la colata della linfa attorno al filo. Dalle incisioni praticate (sia sul tronco che sui rami) stilla un liquido ceruleo, che a contatto con l’aria si rapprende e forma un leggero strato cristallino biancastro: la manna. Il liquido, gocciolando, forma una stalattite, il cannolo o manna in cannolo o manna eletta, ovvero la parte più pregiata del prodotto. Se la secrezione è abbondante, o le condizioni climatiche non consentono una veloce solidificazione, il liquido cola fino a terra dove viene raccolto nelle pale di fico d’India, dove lentamente avviene la cristallizzazione. Si ottiene in tal modo la cosiddetta manna in sorte o manna di pala. La parte di linfa che si rapprende lungo il tronco costituisce invece la manna in rottame.
La raccolta viene eseguita nelle ore più calde della giornata. I cannoli vengono staccati grazie un archetto di legno flessibile tendente un sottile filo metallico o di nylon, mentre i residui rimasti attaccati al tronco vengono raschiati per mezzo di una paletta metallica. Dopo la raccolta la manna viene posta ad asciugare al sole in luoghi ben ventilati per una decina di giorni e poi si conserva in contenitori semiermetici. A metà settembre, quando c’è una bella giornata di scirocco leggero, viene riesposta al sole per una seconda, veloce, asciugatura.

 
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